La corteccia prefrontale regola il
sonno REM
GIOVANNI
ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 07 ottobre
2023.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Il sonno REM (rapid
eye movement) fu
scoperto nel 1953 da Eugene Aserinski e Nathaniel Kleitman registrando EEG e EOG di adulti nel sonno: i due
ricercatori rilevarono che quattro o cinque volte per notte il tracciato
entrava in una fase di più alta frequenza e più bassa ampiezza, che
assomigliava all’attività della veglia. Durante questa fase di attivazione si
verificava un fenomeno unico e così caratterizzante da essere scelto per
denominarla: i globi oculari oscillavano rapidamente sotto le palpebre.
Inoltre, si registrava una perdita quasi completa del tono muscolare e un
abbassamento della temperatura corporea; risvegliati in questa fase, i
dormienti riferivano quasi sempre di stare sognando. Anche se fin dai primi
studi elettroencefalografici del sonno umano si sono distinti 5 stadi, la fase
REM appariva così caratteristica da indurre a dividere tutto il periodo di sonno
notturno in due tipologie: sonno REM e sonno Non-REM o NREM.
Proseguendo negli studi, si è riconosciuto l’andamento
ciclico delle fasi: il ciclo del sonno – costituito da una sequenza di sonno
NREM dallo stadio 1 allo stadio 4 e dal suo inverso seguito da un breve periodo
di fase REM – si ripete più volte in una notte e, man mano che si procede, la
profondità della fase NREM diminuisce e la durata delle fasi REM aumenta. Per questa
caratteristica, associata al fatto che è necessario il risveglio per fissare
una memoria cosciente del sogno, i sogni del mattino sono quelli che si
ricordano meglio.
In realtà, ciascuno di noi ha sogni vividi per circa
2 ore per notte, ma se non è risvegliato e continua a dormire non ne ha ricordo.
I sogni vividi sono studiati in modo particolare da quando Steven La Berge
fondò la prima associazione di “sognatori lucidi”, e il loro studio ha
contribuito a chiarire la differenza tra sogni di fase REM e sogni di fase
NREM. I sogni in fase REM sono tendenzialmente lunghi, primariamente visivi,
con contenuti affettivo-emotivi e apparentemente non connessi con gli eventi
della vita quotidiana. I sogni NREM sono più brevi e concettuali, meno visivi,
senza una particolare connotazione affettivo-emotiva, se non dedotta dal
sognatore al racconto, ma generalmente in rapporto con esperienze recenti della
vita quotidiana.
Durante una notte trascorriamo in fase REM
approssimativamente il 25% del tempo totale dedicato al sonno.
Il sonno REM è accompagnato da un’attività corticale
intensa, riflessa nell’EEG da un tracciato più simile a quello della veglia, e
prodotta da processi che interessano diffusamente l’encefalo. L’origine di
questa attivazione è stata tradizionalmente attribuita, su base deduttiva, ad
eccitazione sinaptica sviluppata in circuiti ascendenti del tronco encefalico e
dell’ipotalamo, ma non è mai stato escluso che la corteccia cerebrale possa
avere un ruolo attivo e, ad esempio, generare al suo interno un’attività in
grado di costituire l’origine, l’innesco o l’avvio della specifica fase del sonno
che corrisponde alla fase REM. Jiso Hong e colleghi
hanno indagato la possibilità che la corteccia prefrontale mediale (mPFC)
dia origine al sonno REM.
(Hong
J., et al., Prefrontal cortical regulation of REM sleep. Nature
Neuroscience 26, 1820-1832, 2023).
La provenienza degli autori è la seguente: Department of Neuroscience Perelman School of
Medicine, Chronobiology and Sleep Institute, University of Pennsylvania,
Philadelphia, PA (USA); Department of Physiology and Biophysics, School of
Medicine, University of California at Irvine, Irvine (USA).
Il nostro stato di vigilanza o, per meglio dire, il
livello funzionale della nostra corteccia cerebrale rispetto allo stato della
nostra coscienza può essere descritto come un ciclo circadiano (da circa dies) di sonno e veglia, caratterizzato da un ritmo
ultradiano della fase di sonno, consistente in un’oscillazione regolata tra
fase REM e fase NREM.
Sebbene il nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo
abbia il ruolo di orologio biologico principale e i suoi 20.000 neuroni grazie
alla produzione ciclica di fattori di trascrizione nucleari costituiscono un pacemaker
che organizza il sonno in un pattern circadiano, l’origine del sonno e
del risveglio non è nell’ipotalamo. E questo non meraviglia, se si pensa alle specie
animali che, prive del nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo, hanno tuttavia
una regolare ciclicità nictemerale. La formazione reticolare scoperta da
Giuseppe Moruzzi e Horace Magoun nel 1949 come “sistema
attivatore ascendente” si è rivelata fondamentale nel mantenimento dello stato
di veglia attraverso le sue proiezioni all’ipotalamo. Michel Jouvet e
collaboratori, mediante sezioni encefaliche seriate, localizzarono i gruppi
neuronici necessari a generare l’attivazione del cervello, l’atonia muscolare e
i rapidi movimenti dei globuli oculari tipici del sonno REM, in una ristretta
porzione del ponte e del bulbo.
Gli studi seguenti hanno definito con certezza il
ruolo del tronco encefalico quale organizzatore centrale del controllo
del risveglio e di varie componenti del sonno REM.
La ciclicità del sonno REM e NREM può essere descritta
come un’interazione antagonistica tra cellule definite REM-OFF, costituite da
neuroni istaminergici, noradrenergici e serotoninergici, e cellule REM-ON, costituite
esclusivamente da neuroni colinergici.
Jiso Hong e colleghi hanno convincentemente dimostrato
nel topo che la corteccia prefrontale mediale (mPFC), in modo
intensamente forte, promuove il sonno REM attraverso le sue proiezioni
all’ipotalamo laterale e regola gli eventi fasici, riflessi in
oscillazioni elettroencefalografiche teta accelerate e in una
accresciuta densità di movimenti dei globi oculari durante la fase REM.
I ricercatori hanno impiegato l’imaging del
Ca2+ per studiare l’origine degli impulsi nelle reti attivate. Indagando
l’attività dei neuroni corticali appartenenti alla mPFC, l’imaging del
Ca2+ ha rivelato che la maggioranza delle cellule nervose che
proiettano all’ipotalamo laterale raggiunge il suo massimo di attività durante
il sonno REM del topo, e si ha lo specifico reclutamento di una sub-popolazione
durante l’accelerazione fasica delle onde teta.
L’insieme dei dati emersi dallo studio, per il cui
dettaglio si rinvia alla lettura integrale del testo originale, delinea
funzionalmente un circuito cortico-ipotalamico per il controllo
top-down della fase REM, e riconosce un ruolo critico alla mPFC nella regolazione
degli eventi fasici durante questo stadio del sonno.
L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del
sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni Rossi
BM&L-07 ottobre 2023
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